E' FINITA LA FESTA
di G.Bettenini
da "La conversazione audiovisiva" ed.Bompiani
Teatro
, cinema
e televisione stanno via via perdendo molte delle loro specificità, delle loro
caratterizzazioni storicamente legittimate, e stanno distribuendosi,
sciogliendosi, in una zona indifferenziata di omogeneità e di reciproca
sostituibilità. In questa trasformazione di fini, di intenzionalità e di
prassi è proprio il teatro il mezzo che sta subendo, apparentemente, la
sconfitta più dolorosa, perché non si limita a perdere la sua leadership
strutturale nelle manifestazioni delle altre pratiche, ma si vede violentato in
una delle sue istanze fondative: quella dell’emergenza festiva, della rottura
rispetto alla routine comunicativa ed esistenziale del quotidiano.
Paradossalmente, la situazione di equivalenza e di magmatico, indifferenziato
accrescimento di informazione che è venuta determinandosi nel sociale sta
livellando le tradizionali differenziazioni pragmatiche tra teatro, cinema e
televisione. Dove prima i tre mezzi ritrovavano una loro identità ben marcata,
ora si scoprono coinvolti in un intreccio unificante; le tre individualità che
prima nascevano da una stessa radice teorica, da uno stesso modello semiotico,
ora si ritrovano appiattite in un’informe azione di selfservice, che tende al
rifiuto di qualunque modello. Sta finendo la festa dello spettacolo ed è la
feria ad accedere al ruolo della spettacolarizzazione.
La televisione trasforma la realtà in uno spettacolo realistico, cancellando ogni istanza rappresentativa; il cinema tenta il gioco del rilancio, alzando continuamente la posta e producendo veri “eventi” mediologici per sollecitare in qualche modo gli interessi del mercato; il teatro si rinchiude fanaticamente in se stesso e nella propria storia museale o si intreccia con gli altri media, alla ricerca di una festa che era tanto bella, dove si stava così bene insieme e che non si sa più dove sia finita (con il sospetto che sia davvero “finita”).(...)
I
giochi festivi si sono trasformati nella diffusione di saperi non finalizzati e
omogeneizzati dal consumo; lo stesso accumulo di sapere si è trasformato in un
presupposto di potere, economicamente quantificabile e redditizio.